Cercando un altro Egitto
L'Egitto va di moda. Ditemi voi se non conoscete qualcuno, più di uno, che non sia stato a Sharm el Sheik. A nuotare sul Mar Rosso, sotto la barriera corallina, a imprecare per sindromi intestinali varie. Un vecchio detto dice "se Maometto non va alla montagna, allora la montagna va da Maometto". E' il mio caso. Non sono andato in Egitto (ma magari ci vado), non credo che andrò a Sharm el Sheik, almeno fino a quando rimarrà la meta turistica più frequentata da tutti quelli che conosco. Magari va a finire che una capatina a Sharm ce la faccio, chissà. Però cercherò di adottare un punto di vista diverso dagli altri, perché non amo gli stereotipi e i luoghi comuni.
Dicevo, non sono andato in Egitto, ma in un certo senso è l'Egitto che è venuto da me. E' stato come se non aspettassi altro: l'opportunità di poter parlare in lingua straniera (inglese, ma anche francese), l'esercizio di una traduzione dall'italiano, il fascino della cultura araba coniugata alla storia dell'Egitto che è molto più antica di quella della mia città natale, Roma. E sognare l'Egitto di Nasser o di Sadat, che riescono ad essere indipendenti dal gioco delle potenze... Tanto che l'Egitto attuale è una delle chiavi per un Medio Oriente pacifico. L'Egitto, Africa e Mediterraneo allo stesso tempo, con grandissime influenze arabe. Se mi salta il ticchio, ci prenderò casa.

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