domenica, settembre 28, 2008

Un dubbio che rimane (5)

Questo racconto sta diventando più lungo di quello che pensassi, ma proseguiamo. Dopo l'impatto brusco, mi adatto al clima vivace e caotico di Dublino, che comincio ad apprezzare. L'immagine che rimane di questa città, è, però, quella di una capitale condizionata in tutto e per tutto dal turismo di massa. La stanza dove dormo in ostello, composta da sei letti, ospita ben quattro italiani (me compreso) e un marsigliese.

La cosa buffa accade la prima sera, dopo il mio rientro in stanza per coricarmi. Avevo già tolto i miei occhiali ed ero in una fase di veglia rilassata, quella che precede il sonno per intenderci. Entrano due ragazzi e una ragazza e salutano con il più classico degli "Hi". Mi presento: "Hi, I'm David". Ho anglicizzato il mio nome (anche nella pronuncia) perché penso che per uno straniero sia più facile pronunciare "David" che non "Davide". Loro, invece, si presentano in italiano: "Hi, I'm Andrea, she's my sister, Claudia, and he's my cousin". Beh, la prima cosa che mi viene in mente è chiedergli, in inglese, siete italiani? Loro rispondono sì. A quel punto, per gioco, faccio finta di non essere italiano anche io, e per quella sera parlo loro solo in inglese ("is there something troubling?"). Tutto sommato sono andato all'estero anche per incontrare e parlare con persone straniere, perciò incontrare altri italiani smonta un po' questa idea. La mattina dopo decido che il gioco deve finire. Saluto la ragazza con un bel "buongiorno", quanto basta per farle capire che lingua parlo. E invece, la risposta è educata ("buongiorno") ma dopo c'è il silenzio. Aspetto un po' e poi rivelo il gioco.

Dublino ha diverse cose interessanti, il S.Stephen's Green, la Christ Church Cathedral, il Writers' museum... senza contare la vivacità del quartiere di Temple Bar, dove si trova sempre un musicista di strada. La musica è coltivata molto bene in Irlanda, e Dublino è capitale anche in questo. Se, girando per Cork, avevo trovato due bei negozi di strumenti musicali, a Dublino ne trovo uno a dir poco splendido, enorme. Figurarsi che in vetrina espone arpe celtiche (e questo uno poteva aspettarselo) ma anche un contrabbasso, una batteria... Quando in genere i nostri negozi di musica espongono chitarre, tastiere, strumenti un po' più 'tradizionali'. Il negozio è veramente immenso ed ha una varietà di strumenti (compresi pianoforti a coda) immensa. E' praticamente impossibile che io esca da un negozio di quel genere senza aver comprato nulla. Infatti, ne esco con un Irish tin whistle (un flauto tradizionale irlandese) da regalare a mio cognato, e una armonica a bocca in do con un libello per imparare e le prime partiture.

Se non fosse "rovinata" dal turismo esasperato, che rende i prezzi alti e la città frenetica in un modo che non mi aspettavo, Dublino sarebbe una degna capitale europea, il cui unico vero handicap è quello dei trasporti pubblici, con due linee LUAS che neanche s'incontrano. Certo, ci sono gli autobus, ma il caos è veramente ai livelli di Roma, con l'aggravante che Dublino è molto più piccola, e, tutto sommato (se non si è stanchi) percorribile bene a piedi e in bicicletta (le piste ciclabili sono ovunque, e c'è anche una segnaletica adeguata, con semafori appositi. Infatti c'è anche un buon traffico ciclistico).

Alla fine della mia permanenza, se dovessi scegliere una canzone per rappresentare Dublino, sarebbe Sultans of swing dei Dire Straits, mentre per Cork avrei più difficoltà a scegliere una canzone - simbolo... Forse potrebbe essere Just my imagination dei Cranberries.

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