sabato, giugno 30, 2007

Sinistra, che fare?

Il Partito Democratico è un progetto in via di definizione, Veltroni ha presentato una sua candidatura come segretario, speriamo si presentino anche altri, magari con progetti diversi, così la competizione è più vera. In tutto questo io mi aspetto che qualche passo lo muova anche la cosiddetta "cosa rossa" di Mussi, Angius & c. Ragazzi, che avete intenzione di fare? Volete solo federarvi con Diliberto, Giordano, magari anche con Boselli e Pecoraro Scanio? Per far cosa? Con quale progetto? Cari miei, capisco che siete contro la prospettiva del PD, e ne intuisco le ragioni. Anche io sono molto scettico sul "nuovo" soggetto politico. Però loro stanno lanciando una sfida. E forse sarebbe ora che voi la raccoglieste, presentando una piattaforma programmatica diversa ma riconoscibile... Che dite, non è così?

giovedì, giugno 28, 2007

Festa de l'Unità

Ieri sono andato alla festa dell'Unità (o de l'Unità, se preferite) a Roma. Mi ricordo gli anni scorsi. Quest'anno mi è parso di respirare un clima strano. Forse dovuto al mio stato d'animo. Una festa in cui la parola più usata è "democratico", mentre gli anni scorsi, affianco a questa c'era anche la parola "sinistra". Ho avuto l'impressione che in questa festa mancasse almeno un pezzo della sinistra. Ho sentito nell'aria, con piacere, il sostantivo "operaio"; c'erano scritte o stand su alimentazione biologica, diritti delle minoranze, cultura (libri, film, etc.). Nonostante questo è come se mancasse qualcosa. Mi è sembrato di percepire un certo senso di smarrimento, come se non si avessero idee chiare sulla propria identità. Eppure è almeno dal 1989 che la sinistra sta cercando una nuova collocazione nella storia italiana e internazionale.

Forse, quello che è differente, è che stavolta ci si sta lanciando in un'impresa molto difficile, quella del Partito Democratico, in cui ancora non si sa bene che fine si farà. E il discorso di Veltroni, ieri, non sembra aver sciolto tutti i dubbi in merito.

A questa sinistra dedico questi versi gucciniani:
[...]"...
noi corriamo sempre in una direzione, ma qual sia e che senso abbia chi lo sa...
restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento,
le luci nel buio di case intraviste da un treno:
siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno..."

martedì, giugno 26, 2007

Blitzkrieg

La guerra lampo è un'illusione. I tedeschi soprattutto se ne sono accorti. L'idea che si possa vincere una guerra facendo delle incursioni rapide è folle. Perché poi finisci sempre in un pantano. La guerra è una follia al di là di questo.

La metafora della blitzkrieg, però, mi torna utile. Quando trovo una persona attraente, scatta "l'assalto": consiste in frasi ad effetto, anche un po' impegnative, dette quasi all'improvviso; oppure in parole scritte in forma di verso...

Sono incorregibilmente ingenuo. Da tempo ho capito che questa piccolissima e innocua blitzkrieg è fallimentare. M'hanno sempre risposto picche. Se volete, con il due di picche. Nonostante questo ho la sensazione che, sia pure inconsapevolmente, continuo ad adottare questa "tattica"...

domenica, giugno 24, 2007

Qualcuno era comunista

Non è solo il titolo di una canzone meravigliosa di Giorgio Gaber. E' una domanda implicita. Potrei quasi citare una frase del film "Palombella Rossa". Ecco: io mi chiedo che cosa significa essere comunisti oggi. In Italia, viene da aggiungere. Sì, perché il Partito Comunista Italiano, con tutte le sue contraddizioni e tutti i suoi difetti, non è comparabile a nessun altro partito omonimo, ed è stato il partito comunista più forte della cosiddetta Europa Occidentale. Ha partecipato attivamente al processo Costituente che ci ha regalato quel gioiello che è la Costituzione, appunto. Dio la salvi da revisioni peggiorative. Insomma, il PCI ha partecipato attivamente alla vita democratica del nostro paese, anche se ha quasi sempre avuto posizione di minoranza... Una minoranza che è arrivata al 30% sotto la segreteria Berlinguer. Molte cose hanno cambiato questa storia. Il caso Moro, innanzi tutto. E poi la fine del socialismo reale: il crollo del muro di Berlino prima e dell'Unione Sovietica poi.

Così, qualcuno ha deciso che quella parola, comunista, dovesse essere superata. Forse, ripensando alle parole del regista Moretti, qualcuno dimentica che il Partito Comunista Italiano poteva "vantarsi" di aver ben governato in Emilia-Romagna, e magari non doveva cercare modelli in Cina o in URSS; che aggiungere l'aggettivo italiano non era un mero esercizio linguistico, ma il simbolo di una specificità che aveva portato quel partito al condividere con gli altri le regole del gioco democratico.

Intanto, in mezzo a Tangentopoli, ci si chiedeva che fine avrebbero fatto i socialisti, e io pensavo che il PDS sarebbe diventato ciò che allora era il PSI di Craxi. Ex post non ero andato molto lontano dalla verità.

Ed ora, cosa sarà della sinistra italiana? Sembra in procinto di nascere il Partito Democratico, sembra che la guida di questo soggetto sia affidata a Walter Veltroni, probabilmente si faranno delle elezioni primarie. Riuscirà il "nuovo" partito a rappresentare esigenze di ridistribuzione del reddito ed uguaglianza sociale? Ad ereditare la tradizione migliore di quello che è stato il PCI?

Non illudiamoci: questa tradizione non potrà mai essere rappresentata da partitelli o partitini che portano ancora, nel nome, la parola comunista. Meno che mai da partitelli o partitini che si metteranno in posizione minoritaria come "forza di protesta". Questi soggetti, secondo me, preferirebbero stare fuori dal gioco democratico, e magari restarci. Immaginate un partito comunista così subito dopo la fine della guerra....

mercoledì, giugno 20, 2007

Traduzioni

Ogni traduzione è un problema, è un compromesso. Non si può tradurre senza, almeno in minima parte, tradire. Dopo tutto la radice dei due verbi è la stessa, e tutti e due conducono da una sponda all'altra di un fiume, metaforicamente parlando. Tra Lungotevere degli Anguillara e Piazza di Monte Savello bisogna pur costruire un ponte (anzi, due: c'è l'isola Tiberina in mezzo) altrimenti le due parti della città rimangono separate. Allo stesso modo partendo da un testo in lingua italiana per arrivare alla "sponda" di lingua inglese bisogna costruire un ponte. Le due parti rimarrano su sponde opposte, inevitabilmente, però ci sarà un punto di contatto e di interscambio. In fin dei conti credo che la traduzione sia questo, e bisogna aver il coraggio di provare e rischiare...

Così, oggi, torno a questo brano:

When I was in my twenties
I left the right
So they spoke.
Now I'm in jail
and what is right
and what is left
I just don't know

Dopo che per tanto tempo mi sono posto il problema oggi voglio provare ad affrontarlo di petto. Vediamo che ne esce.

Avevo una ventina d'anni
e ho lasciato la retta via
è stata così la sentenza.
Ora sono in cella
e cosa è giusto
cosa è rimasto
io proprio non lo so

Secondo voi, questo ponte, crolla oppure si regge?

sabato, giugno 16, 2007


Mettersi in gioco

Chi l'ha detto che i giochi sono una cosa da bambino? E chi pensa che i giochi fatti da un adulto debbano essere seriosi e pesanti? Mettersi in gioco è ridiscutere tutto, pronti alla sconfitta e ad un sorriso... Forse noi italiani non rendiamo giustizia alla parola gioco. Perché, istintivamente, siamo portati a pensare ad una cosa poco seria e futile. Invece no: il gioco è serio ma non troppo e soprattutto non è mai futile, anche se può sembrarlo.

I francesi e gl'inglesi l'hanno capito, tanto che usano la stessa parola per dire che giocano, suonano uno strumento o recitano un pezzo di teatro. In questo l'italiano sembra riduttivo. Forse è per questo che certi attori e musicisti tendono a prendersi drammaticamente sul serio... Ma invece bisogna sempre mettersi in gioco, che significa anche provare a cambiare prospettive. Non so voi, ma secondo me il gioco ha questa funzione specifica: aiutarci a crescere rimanendo sempre un po' bambini. Se si perde una delle due cose meglio lasciar stare.

mercoledì, giugno 13, 2007

Anèr Politikòs

L'uomo, diceva Aristotele, è un animale politico. Se avessi avuto la tastiera adatta avrei scritto il titolo di questo post con le lettere greche, e con tanto di spirito sopra l'alpha iniziale. Ma questo è un altro discorso. Dicevamo: l'uomo è naturalmente portato a relazioni sociali, esse creano conflitti che poi in qualche modo bisogna cercare di risolvere, con la mediazione prima di tutto.

Il compito della politica, in sostanza, è questo: mediare tra le diverse esigenze e appianare o evitare i conflitti cercando le soluzioni più condivise tra le diverse parti. In altre parole la politica è fatta di compromessi per sua natura.

Quando in giro sento le solite voci che dicono: "la politica fa schifo" o "destra e sinistra sono uguali", oppure "rubano tutti allo stesso modo", e cose simili, mi sale dentro la bile, un po' come succede nei casi descritti nel post intitolato "Idiosincrasie".

Da che mondo è mondo sono sempre esistite le degenerazioni della politica. Pare che l'Acropoli di Atene sia stata costruita con delle "tangenti"; i reati di peculato, concussione e corruzione erano ben noti anche nell'antica Roma (repubblicana, ma anche nell'impero si trovano episodi di degenerazione). Insomma, guardiamoci allo specchio e riflettiamoci un po': è esistito da qualche parte nel mondo, un sistema politico del tutto privo di degenerazioni? La risposta è no.

Ciò nonostante, secondo me, non si può dire che "sono tutti uguali", "non cambia niente", etc. etc. Questo perché poi, al di là delle degenerazioni, ognuno ha un'idea di come possa svilupparsi un paese e ridurre la diseguaglianza tra gli strati sociali, di come sfruttare le risorse a disposizione e distribuirne i benefici equamente a tutta la popolazione. E' per questo che dobbiamo ancora credere alla politica, perché tutti noi dobbiamo godere dei benefici che possono derivare dal progresso in misura eguale. Per questo dovremmo far sì che anche all'interno della politica siano abbattute le sacche di privilegio. Certo, è un lavoro difficile da farsi, e non sarà neanche breve. Intanto, però bisogna crederci, e provare a trovare un modo per realizzare in pratica queste idee...

In fin dei conti credo che l'utopia consista proprio in questo: non tanto o non solo avere un'idea, ma anche cercare (e possibilmente trovare) un modo pacifico per portarla a realizzazione concreta.

martedì, giugno 12, 2007

Silenzio

A volte bisogna ammettere di non aver proprio nulla da dire, e adeguarsi tacendo.


sabato, giugno 09, 2007

Cosa vuoi fare da grande?

Ce lo chiedevano spesso da bambini. Mi ricordo che a questa domanda avevo risposto in modo non comune. Dicevo che da grande avrei fatto il postino. Gli altri magari dicevano il pilota, oppure l'astronauta... Io volevo fare il postino. M'immaginavo il motorino, in quegli anni era il "Ciao" o il "Sì" della Piaggio, la borsona di pelle e dentro le lettere da smistare e imbucare al posto giusto. Andare in giro per la città e consegnare la posta...

Poi sono cresciuto, mi sono diplomato, mi sono laureato, ed ora, a distanza di anni e con un impego lasciato da poco, mi pongo la stessa domanda. A dir la verità me la sono posta diverse volte. Ad esempio quando ho scelto la facoltà da frequentare. Alla fine, devo dire, ho fatto la scelta giusta, per me. Scienze Politiche, ma con un bagaglio di lingue straniere che va tenuto in considerazione, valorizzato ed esercitato.

Ecco, è da questa facoltà che ho scoperto - forse l'acqua calda - una delle cose che desta il maggiore interesse in me. Il linguaggio, il suo uso a volte improprio, a volte ideologico. Può sembrare molto strano, ma ripeto: questa scoperta l'ho fatta frequentando Scienze Politiche. E sono convinto che non sarebbe stata la stessa cosa frequentare Lingue. Perché lì studi la letteratura, tutto sommato. A Scienze Politiche invece studi il Parlamento, le leggi e la stampa di quella determinata cultura, ed è quello che a me interessa. Come la stampa o la tv o i leaders politici usano la lingua, perché tutti la usano come strumento di potere, a volte anche come strumento di esclusione sociale.

Dicevo: oggi mi pongo nuovamente la domanda che dà il titolo al post. In base al mio percorso la risposta che potrei dare oggi è la seguente: lavorare in uno sportello per i diritti degl'immigrati o in una struttura similare. Per me sarebbe una valorizzazione del mio percorso di studi, una crescita, una gratificazione.

Ho paura di sognare troppo in grande per quelle che sono le mie reali possibilità, però voglio provarci. Oggi mi sento di poter dare questa risposta.

venerdì, giugno 08, 2007



Autostrada GRA

Non so perchè, ma l'anello autostradale che percorre la periferia della Capitale mi affascina. Eppure, le ultime volte che l'ho percorso, in una carreggiata piuttosto che in un'altra, mi ha fatto sudare, mi ha fatto attendere in coda, mi ha fatto fare inversione di marcia quando mi sono accorto che l'altra carreggiata scorreva meglio...

In questi ultimi anni ho visto l'anello evolversi. Non guidavo la macchina e mi ricordo che era a due corsie per carreggiata. Poi hanno iniziato i lavori per la terza corsia. Nel 2000 questi lavori sono stati completati tranne che per il quadrante nord - est, tra l'uscita per la Cassia e quella per la Flaminia. Ora, in questi giorni, ho notato che anche quel quadrante è quasi completo, ci saranno lavori per una decina di chilometri a voler esagerare.

Un altro aspetto è il tunnel dell'Appia, sembra una cosa irreale. E' nuovo e ci sono stati lavori già due/tre volte, per adeguarlo alle nuove norme.

Lo svincolo su Via Appia mi mette sempre in difficoltà. Se vuoi prendere la direzione Roma centro - S. Giovanni devi percorrere un tratto di strada in corsia di sorpasso (sic!) facendo attenzione a chi ti arriva dalla corsia di marcia e contemporaneamente non perdendo d'occhio i cartelli davanti perché potresti ritrovarti nuovamente sul GRA oppure andare, invece che verso S. Giovanni, verso Ciampino. Bisognerebbe avere quattro occhi, in quell'uscita, oppure capitarci in un momento in cui non passa veramente nessuno. O, al contrario, quando c'è una coda quasi immobile...

Forse ho capito perché mi affascina guidare sul GRA. Entrarci è un po' come entrare in un'altra dimensione, un altro mondo, un mondo a volte surreale...

mercoledì, giugno 06, 2007

Sensi unici e doppi sensi

Ho sempre avuto una certa curiosità per il linguaggio. Nella mia mente ho paragonato lo scrivere un romanzo alla costruzione di un palazzo... Insomma, giocare con le parole secondo me è molto simile a prendere le costruizioni e farci una casetta, o il casello di un'autostrada. A volte, però, le parole possono avere più di un significato. E questo è un problema soprattutto se volessimo pensare ad una traduzione, che poi ogni traduzione è un tradimento 8ma questo è un altro discorso molto complesso).

Anni fa, per gioco, ho scritto questa cosa, in inglese. Ho giocato sui doppi sensi delle parole right e left. Quest'ultima non è solo il sostantivo, ma può anche essere una forma flessa del verbo to leave, il passato. Detto questo, come tradurreste questa "poesia"?

When I was in my twenties
I left the right
So they spoke.
Now I'm in jail
and what is right
and what is left
I just don't know

martedì, giugno 05, 2007

Idiosincrasie

Non sopporto in nessun modo chi usa la lingua inglese in modo spropositato, forse perché non sa parlare l'italiano. Hai aperto il tuo account di posta? Hai visto che foto fashion? Che sito trendy...
Per non parlare degli annunci di lavoro... Società tal dei tali ricerca Key account, oppure sales editor o quello che vi pare per human resources selection e head hunting. Ho studiato l'inglese per anni, e giuro che amo lo studio delle lingue straniere. Ma queste espressioni mi fanno venire la bile dentro... Se ci fosse una persona davanti a me reagirei come Nanni Moretti in "Palombella Rossa", magari senza mollare sganassoni in faccia.

A volte penso che chi parla usando in modo spropositato queste forme lo faccia per prenderci in giro, perché non ha le idee chiare. Ho la sensazione che se chiedessi ad una persona con cui sto colloquiando (per lavoro) il tipo di mansione svolta da un key account manager, l'interlocutore mi farebbe una supercazzola sblinda con scappellamento a sinistra perché non sa neanche lui (o lei) di cosa si sta parlando.

Sarà un'impressione sbagliata, o sarà che sto invecchiando...

E non immaginate quanto mi manda in bestia l'espressione, molto di moda, "risorse umane"... Perché voi mi avete trovato in una miniera, vero?

domenica, giugno 03, 2007

Voltare pagina

In questo blog fatto di pensieri e parole (come suggerisce il titolo del primo post), sempre pensando alla crescita, bisogna voltare pagina. Nei miei vecchi diari di liceo c'erano pagine imbrattate d'inchiostro, con "poesie", scarabocchi, etc. C'erano cose "serie" e giocose, battute su cui ho riso per una mezz'ora, e cose "pesanti". Beh, diciamo che ora questo spazio vuole essere un po' così.

Dunque, rispetto al racconto, bisogna voltare pagina. Nella lettura voltare pagina non significa negare completamente ciò che è scritto in precedenza, anzi: la pagina successiva stabilisce una continuità con quelle precedenti... In fondo la crescita è questo: accumulare un bagaglio di conoscenze ed esperienze e portarsele dietro. Anche le esperienze negative, anche quelle che vorremmo dimenticare perché quando ci ripensiamo feriscono ancora.

E' impossibile negare, però si può voltare pagina.

E qualcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure

sabato, giugno 02, 2007

Che ne sai, tu, di un campo di grano?

In questo blog volevo pubblicare "a puntate" un racconto giallo che stavo scrivendo, ma che poi ho lasciato perdere... Perché ho sempre paura di sbagliare, qualche volta ho paura di prendere delle decisioni. Crescere, come dico sempre, è un verbo incoativo.

Non esiste la maturità. Esiste la crescita, che potenzialmente arriva fino alla fine della nostra parabola vitale. Esiste un momento, nella crescita, in cui ci si ritrova adulti, si devono prendere delle decisioni autonome, ci si deve assumere delle responsabilità.

Non sempre la crescita è un percorso lineare: può andare "a strappi", rallentare, poi accelerare, fermarsi... L'unica cosa su cui ho ancora dubbi è tornare indietro.

Per ora lasciatemi invecchiare, senza maturità.

Al racconto mi dedicherò con più calma e senza l'ansia della pubblicazione. Chissà, forse potrò ripubblicarlo a puntate tra breve...