lunedì, marzo 23, 2009

Catalunya no es Espana!

La mia mente si nutre d'illusioni destinate a durare lo spazio d'un mattino. E' come se ne avesse bisogno. E' una sensazione sospesa tra la voglia di cambiare, la curiosità e la consapevolezza che fino ad oggi i giorni si sono susseguiti senza una vera visione del futuro. In fin dei conti, passare poco più che un fine settimana a Barcellona fa parte di questa sensazione. C'è tempo per prendere un volo che, finalmente, parte e arriva puntuale. Il tempo di un bus che percorre un autostrada in cui i primi luoghi che vedi sono due distributori Agip.

Il tempo per verificare che le ipotesi fatte circa la posizione dell'ostello erano reali. Sembrava di esserci già stati, in Carrer de la Disputaciò. Eppure l'avevo solo osservato da Street View. E pur non essendoci alcuna insegna, avevo perfettamente idenfiticato il portone. Ne ho avuto la conferma solo in quel posto, leggendo la targhetta sul citofono. Quella, da Street View, ancora non si può vedere. C'è il tempo per decidere di andare a dormire e alzarsi presto.

Iniziando una camminata che, partendo da Plaça Catalunya, andrà a finire sulla Rambla, al Port Vell e sulla spiaggia, non senza deviazioni. Volevo perdermi, e il quartiere gotico è il luogo giusto per farlo. d'altra parte le strade che vanno troppo dritte, i reticolati quadrati e prevedibili non mi sono mai piaciuti. Molto meglio vie strette, meglio ancora se ti chiedi, di volta in volta, dove ti porteranno. Ma Barcellona non è la città ideale per perdersi a lungo, per quello è Roma ad essere imbattibile. E così, camminando a lungo arrivo al Parc de Ciutadella, e poi torno sulla Rambla e assaggio la paella per la prima volta.

E intanto, tra le varie attrazioni sulla Rambla (pittori, disegnatori, uomini e donne in maschera e/o dipinti, fiorai) un banchetto che vende magliete con la bandiera della catalogna, bandiere di gemellaggio con i paesi baschi. Mi chiedo: la Catalogna, ai tempi della guerra civile spagnola, non è stata un avamposto repubblicano? Sbaglio o George Orwell è stato in questi luoghi per supportarli?

Termino il mio pranzo con la più classica crema catalana, e dedico il pomeriggio a Gaudì. A Passeig de Gracia, a metà strada tra la casa Battlò e "la pedrera", un musicista di strada suona del blues, è bravo e coinvolgente. Arrivo alla Sagrada Familia e all'Hospital de San Pau dove Gaudì ha voluto mettere la sua firma, quasi in ogni mattonella. Un'intera cittadella concepita secondo la visione un po' folle e un po' geniale del famoso architetto. Poi, mi hanno detto che visitare Parc Guell, da solo, vale l'intero viaggio a Barcellona. Arrivo e la parte frontale è piena di turisti, perciò passerò dove è più tranquillo, non senza aver notato i suonatori improvvisati e un musicista che, sotto un colonnato, arpeggia con il liuto. Per certi versi, mi sembra di stare in mezzo a Temple Bar, a Dublino.

Così si svolge la giornata, camminando e fruendo delle metropolitane che invidio, perché portano dappertutto. Ma l'illusione del viaggio e dell'andirivieni solitario e confuso non poteva bastare. Così si fa avanti un'altra illusione, la sera del mio arrivo. Comincia osservando una copertina familiare. E' l'edizione olandese de "la solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano. Finisce con quattro chiacchiere scambiate quella sera, una colazione fatta assieme il giorno della mia partenza ed un caffè preso di fretta prima di prendere il bus per il ritorno.

Anche questa, come Barcellona, si dissolve nello spazio di un mattino, e non rimane neanche una fotografia, come quella che commemora George Orwell nella targa di una piazza, o il bluesman in Passeig de Gracia. Rimangono una flebile possibilità di contatto,la solitudine dei numeri primi, e le scritte, sui muri e nei bagni: Catalunya no es Espana