domenica, agosto 26, 2007

V - day

Come molti sanno, soprattutto gli internauti, Beppe Grillo ha lanciato da tempo una campagna. Il giorno cruciale sarà l'8 settembre, il nome dell'iniziativa è V-day. No, non è da confondere con V-E day, il giorno della vittoria in Europa, se non ricordo male l'8 maggio del 1945. La V sta per Vaffan****. Per chi voglia leggere, ecco il link del sito

Approfitto di questo spazio per esprimere la mia opinione in proposito.
Condivido l'idea che in Parlamento non debba sedere chi ha riportato condanne penali o chi ha processi in corso (fino alla sentenza): a queste persone dev'essere impedita la candidatura per legge. Condivido anche l'idea dell'abbattimento dei privilegi per la classe politica: auto blu e tutto il resto. Forse molti parlamentari approfittano del loro potere, e della posizione che occupano, forse sì, ed è gravissimo che ciò accada.

Tuttavia, credo, ciò non basta per mandare a quel paese l'intera classe politica, oppure la politica tout court. No, caro Beppe Grillo: così si fa il gioco di chi si fa le leggi apposta per scampare ai processi, di chi minaccia lo sciopero fiscale perché qualcuno finalmente recupera gettito dall'evasione... Così è troppo facile. Perciò, caro Beppe, io te lo dico: quello slogan è quanto di più sbagliato tu possa aver pensato. Non è così che si fa una battaglia di civiltà, cavalcando il più bieco populismo. Almeno, questa è la mia modestissima opinione.

giovedì, agosto 16, 2007

Della giustizia e della tivvù

Sbatti il mostro in prima pagina. E' il titolo di un film di Marco Bellocchio del 1972, con Gian Maria Volonté e Laura Betti, musiche di Ennio Morricone. Credo si potrebbe aggiornare il titolo pensando ai nostri telegiornali, ai vari programmi che hanno dedicato mesi al caso di Cogne, con ospiti di vario genere, ma onnipresenti, dalla Parietti ai vari Morelli, Crepet, Meluzzi, condotti a braccetto dai vari Vespa, Mentana, Costanzo di turno.

In questi giorni, mi hanno impressionato due cose: la notizia di un magistrato attaccato pesantemente dai genitori di una vittima, la reazione del pluricampione Valentino Rossi agli accertamenti fiscali. In entrambi i casi c'entra la legge, e c'entra la tv, il modo in cui viene usata.


Riguardo al primo caso un giudice può emettere una sentenza sbagliata, ma lo fa interpretando leggi, procedure, etc. Capisco, quindi, la rabbia di chi pensa ad una sentenza ingiusta; la giustizia, però, va sottratta all'arbitrio e all'emotività; se un giudice ha sbagliato dovrà dircelo il CSM, non ce lo può certo dire un genitore comprensibilmente irritato. Altrimenti, il rischio è il ritorno a d una velata forma di Terrore giacobino, in cui ad un certo punto si tagliavano le teste di tutti. Ora, certo, è quasi impensabile sottoporre alla ghigliottina i propri nemici. Però, la televisione potrebbe giocare un ruolo di "gogna" umiliante e, per certi versi, di tortura.


Nel secondo caso, capisco l'ansia di autodifesa del campione motocicilista, ma anche qui si tratta più di una "trovata pubblicitaria" che di altro. Tutti sappiamo che Londra non è Paperopoli o un paradiso fiscale noto, infatti il fisco italiano non vuole sapere perché Rossi ha la residenza a Londra. Ci si fa un'altra domanda: caro Valentino Rossi, tu risiedi a Londra. Come mai, allora, hai acquistato tutte queste auto, terreni, etc. in Italia? Non è che hai stabilito la tua residenza all'estero solo per evadere il fisco italiano? Sappi che noi abbiamo trovato in Italia molti dei tuoi interessi, quindi, se avrai evaso il fisco, dovrai pagare tutto.

Nel video-risposta trasmesso a reti unificate, Valentino Rossi non riesce a dimostrare di non aver evaso il fisco. Forse per il semplice fatto che la tv non è lo strumento adatto per farlo. Con quel messaggio, il motociclista, secondo me, cerca un'altra via di fuga: quella di far credere a tutti che ci sia una sorta di "complotto mediatico" nei suoi confronti.

Credo che sia una strategia troppo vecchia per essere credibile.


Per il resto, come dire: i giornalisti, su queste notizie, soprattutto d'estate, ci sguazzano, e non vedono l'ora di "sbattere il mostro in prima pagina".

mercoledì, agosto 08, 2007

Attenzione!!!!!

Ho saputo che Telecom Italia sta facendo una campagna telefonica in cui chiede conferma del consenso al trattamento dei dati personali per fini pubblicitari/commerciali e simili. Naturalmente nelle chiamate non si parla mai di queste finalità, ma di informazioni di carattere "tecnico-amministrativo".

Se doveste ricevere da Telecom telefonate di questo genere, fate così:

a)chiedete la riservatezza
totale in elenco

b)negate il consenso alla pubblicità (è automatico se fate anche il punto a, però specificarlo non costa nulla)

c)compilate il modulo con cui confermate la vostra volontà (facendolo sottoscrivere dal titolare dell'utenza telefonica)

d)riservatevi di fare istanza al garante per ogni violazione.


Per scaricare il modulo di cui ho scritto al punto c) andate sul sito www.telecomitalia.it : fate click sulla scritta Privacy, che si trova nell'angolo basso a sinistra (è in corpo di carattere piccolo, lettere maiuscole)



Infine, c'è il sito del garante: www.garanteprivacy.it

Tempo fa io ho inviato una mail e in risposta mi hanno mandato un modulo per fare istanza in caso di violazione. Potete fare istanza, e a questo proposito segnalo che nella sezione Privacy del sito telecomitalia.it si possono trovare anche gli elenchi dei responsabili del trattamento dei dati personali.

domenica, agosto 05, 2007

Tempi moderni

C'era una volta la fabbrica e la catena di montaggio. Gli operai eseguivano operazioni ripetitive, controllavano i vari punti della catena. C'erano turni da otto ore al giorno, lavori usuranti, straordinari non pagati e schiene spezzate, a volte non solo metaforicamente.

C'era una volta... ma siamo sicuri che con la flessibilità introdotta da anni non ci sia più niente del genere? Nel 2007, e chissà fino a quando, queste tipologie di lavoro persistono, e in certi casi sono aggravate dalla "flessibilità". Un "lavoratore atipico", in genere, è un po' meno tutelato.

Aggiungiamo a questo tutte quelle nuove forme lavorative che magari sono meno usuranti per il fisico, ma comportano uno stress notevole: per ritmo di lavoro, pressioni ricevute, turni, e così via. Scopriremo che, in fondo, le catene di montaggio possono esistere anche laddove il prodotto finale non è l'automobile o la vernice, ma magari la gestione delle pratiche e dei reclami.

Certo, c'è un abisso tra i due mondi, è innegabile. Dal punto di vista dell'organizzazione e della divisione del lavoro, però, vedo anche molti punti di contatto. Sarà colpa della mia miopia?

mercoledì, agosto 01, 2007

A forza di essere vento

Oggi si parla di Nomadi, Zingari. Credo che la canzone di Fabrizio de André, in questo caso, parli da sola. M'infastidiscono troppo le voci che parlano di queste persone solo come se fossero tutti ladri, fastidiosi, puzzolenti, etc. Sinceramente non amo molto neanche i ghetti extraurbani in cui spesso sono scaraventati. Tenuti ben lontani dai centri urbani. Certo, il nomadismo è una cultura diversa dalla nostra. Noi siamo pigri, stanziali, abituati e forse ossessionati dal possesso delle cose. Noi abbiamo messo le nostre radici, che chiamiamo patria e famiglia. Ma se allarghiamo bene lo sguardo ci accorgiamo che, parafrasando una vecchia canzone, la nostra patria è il mondo intero, che le nostre famiglie spesso non ci danno alcuna garanzia e sicurezza, anzi.

Chi siamo noi, allora, per giudicare uno stile di vita diverso? Chi siamo per poterci permettere di emettere delle sentenze senza sapere cosa e come si vive in una determinata situazione?

cito ancora Fabrizio de Andrè

«L'emarginazione deriva anche da comportamenti acquisiti da culture antichissime. Gli zingari girano il mondo da più di duemila anni, se vogliamo credere a Erodoto. Questi Rom, questo popolo libero è affetto da dromomania, cioè desiderio continuo di spostarsi. Non credo abbiano mai fatto del male a qualcuno, malgrado le strane dicerie; è vero che rubano - d'altra parte non possono rinunciare a quell'impulso primario presente nel DNA di ciascun essere umano: quello al saccheggio, di cui abbiamo avuto notizie in queste ultime amministrazioni - però non ho mai sentito dire che abbiano rubato tramite banca. Inoltre non ho mai visto una donna Rom battere un marciapiede. Girano senza portare armi; quindi se si dovesse dare un Nobel per la pace ad un popolo, quello Rom sarebbe il più indicato.»
[Presentazione del brano durante il concerto al Teatro Valli di Reggio Emilia (6/12/1997)]

E poi ancora, cito dal testo della canzone:

ora alzatevi spose bambine
che è venuto il tempo di andare
con le vene celesti dei polsi
anche oggi si va a caritare

e se questo vuol dire rubare
questo filo di pane tra miseria e sfortuna
allo specchio di questa kampina [*]
ai miei occhi limpidi come un addio
lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
il punto di vista di Dio.


[*]Tenda mobile

Ecco, sono completamente d'accordo con questo brano. Non aggiungo altro perché non vorrei sconfinare nella retorica.