lunedì, maggio 24, 2010

Volare nel deserto /8


Il momento culminante del viaggio è ormai passato, e la stanchezza si fa sentire per tutti. Aggiungiamo a questo il lungo spostamento, che vedrà come tappa finale Marrakech. Le tappe principali di oggi sono Ouarzazate e Ait Benhaddou. Quest'ultimo sito è un vero spettacolo, poco distante dalla Hollywood del deserto. E' incastrata su una collina e quasi nascosta. Non poteva mancare, come a Volubilis, un nido di cicogna su una delle torri.

Il posto è ben tenuto e davvero vale la pena di vederlo e sostare, non senza prima aver fatto almeno una decina di fotografie. In breve si riprende il viaggio. Passando per l'Alto Atlante ci fermiamo altre due volte, dentro il bus ci sorprende un temporale e riusciamo anche a vedere l'arcobaleno, oltre alla neve sulle cime più alte. La strada è molto tortuosa e riocomincia lo sballottamento, con l'ennesima arancia che va a svegliare una sonnolenta Fruttolo.

Nei tratti non duri del percorso quasi tutti sonnecchiano, c'è un silenzio quasi surreale, interrotto dalle soste o dalla sorpresa per il cambio di panorama.

La sera arrivamo a Marrakech, e alla piazza Jamaa el Fna è come giocare a rugby. Hanno già montato le bancarelle dove si può mangiare e mangeremo in una di quelle, ma tutti ti braccano, ed è difficilissimo riuscire a muovere un passo senza essere fermati, a volte da due persone. Il compito è ancora più difficile ed ingrato per il coordinatore. La piazza è popolata anche di "artisti di strada", incantatori di serpenti, personaggi buffi che suonano con un gallo vivo in testa, etcetera.

Marrakech è caotica, sfrecciano motorini nei vicoletti, rischiando di travolgere i passanti. Vanno e vengono facchini con i carretti a portare i bagagli nei riad. Il giorno dopo rimaniamo in questa città per vederla con una luce diversa. Siamo liberi di girare, anche perché l'indomani l'aeroporto di Casablanca ci attende la mattina presto.

E' così che si va in ordine sparso: chi perdendosi nel suk alla ricerca delle ultime chincaglierie da riportare a casa, chi a vedere i siti interessanti della città. Io ed una buona parte del gruppo decidiamo di seguire il coordinatore, verso le concerie che si trovano piuttosto distanti dal centro. Un berbero ci guida fino a lì, ma poi quando usciamo ci perdiamo altre due/tre volte, non senza farci scappare un'estemporanea partita di calcio sullo stile di Marrakech Express.

Il viaggio finisce con il tramonto sulla piazza Jamaa el Fna, vista da una terrazza: il posto da dove si può godere la vista migliore, senza essere disturbati dal caos. Si vede la piazza che cambia di luce e colore, e quasi quasi anche questo posto che finora non ho apprezzato molto diventa affascinante. Certo, peccato che non riesca a vedere la moschea di Hassan II a Casablanca, ma è andata così e va benissimo. Le immagini rimaste nella mente sono tantissime, ed è avvenuto tutto in poco tempo.

In aereo, vista anche la levataccia, sarà un continuo susseguirsi di dormiveglia, interrotto solo dalla colazione. La malinconia di fine viaggio lascerà presto spazio ai ricordi, mentre sul taccuino resterà solo l'inchiostro del primo giorno. Ogni ricostruzione non può che essere parziale, ed è così che solo più tardi, rimettendo in ordine i pensieri, le immagini e gli odori, ricomincio a volare cercando di tradurre le immagini e le sensazioni in parole. (fine)

domenica, maggio 23, 2010

Volare nel deserto /7

La giornata nel deserto è stata molto intensa: il sole che cala, il tramonto, il pasto, la luna piena, il cibo, le danze, i canti. E alla fine la notte nelle tende berbere. Come spesso avviene sono il primo ad alzarmi, per esigenze fisiologiche. La seconda volta che mi alzo sta per spuntare l'alba. Graziano ed il Mauri, fuori dalla tenda si accorgono che mi sto vestendo. A loro indico senza parlare il cielo che si sta schiarendo. Due minuti e tutti e tre siamo pronti per assistere ad un altro spettacolo emozionante, l'alba nel deserto. Con il passare dei minuti si alzano tutti, ma io Graziano e Maurizio abbiamo visto davvero tutte le fasi...

Pochi minuti dopo che il sole si è alzato è già ora di salire sul dromedario, lo stesso che il giorno prima era svogliato. Io sono sensibilmente più rilassato, e anche il dromedario mi sembra più tranquillo. Quasi quasi faccio amicizia e lo saluto per un prossimo incontro. La carovana scorre liscia e durante il trasporto mi arriva un altro sms.

A Merzouga recuperiamo e rassettiamo rapidamente i bagagli. Ripreso il bus visitiamo la kasbah-museo di Moulay Idriss con Joussef e poi ci fermiamo per un pasto, giusto il tempo di beccare una (per fortuna brevissima) tempesta di sabbia. Ripongo in fretta la mia macchinetta fotografica.

Ricomincia il viaggio in bus con i suoi riti, la stanchezza che comincia a farsi sentire, le bottiglie e le arance che sembrano essersi prese un attimo di pausa. Arriviamo così alle Gole del Todrà dove rimarremo poco più di dieci minuti. Sarebbero un luogo molto bello se non fosse infestato dal turismo. Oltre ad alberghi e ristoranti quasi ad ogni passo, stanno cementando la strada che passa sotto gli speroni, e a destra e a sinistra venditori di tappeti e di ogni chincaglieria possibile. Di comune accordo, visto anche l'affollamento, decidiamo che non vale la pena soffermarsi su questo posto, che un tempo doveva essere mozzafiato.

Ci avviamo così verso le gole del Dades dove pernotteremo. Un altro posto incredibile, roba da Arizona o Colorado. Ci arriviamo una sera e appena entrati in albergo ci sarà un bel temporale. Davvero questo viaggio non ci sta risparmiando niente. Per il resto sono molto stanco, e comincio a sentire la malinconia per la fine del viaggio che si avvicina. Sarò tra i primi ad andare a dormire, e stavolta farò tutta una tirata fino all'orario di appuntamento, le 7.30 della mattina successiva. E' forse la prima ed unica notte che dormo per intero. (continua)

sabato, maggio 22, 2010

Volare nel deserto /6
Tutto cambia in questo viaggio. A volte i cambiamenti sono radicali ed avvengono in modo repentino, eppure lo spazio ed il tempo di questa settimana sembrano dilatati. E' da qualche giorno che siamo in giro ma sembra sia passato molto più tempo. Siamo passati in breve dal caos dei suk dove passano carri e somari in continuazione a luoghi incredibili e semi-desertici come le Gole del Ziz. Sembra di stare in Colorado, con questi speroni di roccia molto alti e un corso d'acqua molto in basso.

Nel frattempo continua la mia personalissima girandola di compagni di stanza. Ho iniziato con Fashion, continuo con Graziano ed il Mauri, proseguirò in altra compagnia ancora. Mi gira così, ed ammetto di nutrire una simpatia particolare per qualcuno...

La guida del giorno, Joussef, ci spiega cos'è una Kasbah e cosa uno Ksar, ci fermiamo a vedere una Kasbah e uno Ksar abbandonato nelle gole, verso metà mattinata raggiungiamo l'Oasi di Meskhì. Considerando il panorama che avevavo visto fino al momento, e quello che vedremo dopo, è un vero paradiso terrestre.

Nel regno dove il sole picchia senza possibilità di riparo già la mattina presto, un luogo dove scorre acqua, crescono rigogliose le palme e la vegetazione è florida, un luogo dove si vedono le rane e le donne che lavano i panni al fiume è l'ennesima sorpresa di questo incredibile tour. Ma il piatto forte della giornata ci aspetta per la sera ed è il deserto: Erg Chebbi, Merzouga.

Arriviamo a Merzouga nel tardo pomeriggio con il sole ancora alto. Depositiamo i nostri bagagli nella stanza di un alberghetto, e poi subito saliamo sul dorso del dromedario. Non ho difficoltà ad ammettere di essere particolarmente teso, e i miei compagni di viaggio se ne sono immediatamente accorti. Però resto convinto del fatto che il mio dromedario sia stato improvvisamente (e legittimamente) colpito dalla più classica delle botte di pigrizia.

Sbuffava, faceva versi... Certo, il cammelliere l'ha convinto ad alzarzi da terra e portarmi in groppa con lo zaino alle spalle... Però mi sembrava proprio non avesse voglia. Sbuffava spesso e continuava a far versi, e in più infilava il muso nel posteriore sporco del suo compare davanti, e poi magari si avvicinava al polpaccio del coordinatore, minacciando di pulirsi sui suoi pantaloni.

Intanto mi arriva pure un sms!! I miei compagni mi vedono insicuro sopra il dromedario, e affermano a più riprese che sono storto e rischio di cadere. Io mi tengo saldo sull'appoggio e non ho questa sensazione, ma poi con un bello strattone mi rimetto dritto, a detta di tutti. Cinque minuti dopo mi trovo a cavalcare "all'amazzone" con il tappeto che fa da sella in mano, direttamente a pelo di animale!! La scena suscita l'ilarità di tutto il gruppo.

Poco tempo ancora e siamo arrivati all'accampamento di tende berbere. Siamo in mezzo alle dune che cambiano colore anche nell'arco della stessa porzione di giornata. Le sensazioni sono molto belle, anche se c'è un gruppo di persone, la luna piena a nascondere il tappeto di stelle, i touareg che cantano e suonano i loro bonghi dopo l'ottima cena ed il "whisky berbero" (ovviamente stiamo parlando del tè alla menta), le danzatrici improvvisate (ma neanche tanto) ed un inatteso trenino iniziato dagli uomini blu. L'atmosfera è davvero magica, unica, forse irripetibile.

E' casuale che nel bel mezzo del cantare tutti insieme mi venga in mente "Nel blu dipinto di blu", con la presunzione che possano cantarla davvero tutti. Pensandoci a posteriori: quale immagine migliore di "Volare", nel deserto? (continua)

venerdì, maggio 21, 2010

Volare nel deserto /5

Dopo Fes il viaggio è caratterizzato da spostamenti anche lunghi, soste panoramiche con foto, pernottamenti in luoghi incredibili, in alcuni casi degni de "Le Mille e una notte". Nei lunghi spostamenti il tempo si passa in vari modi: conversando, osservando i panorami che cambiano nel giro di pochi chilometri, ma anche cantando, come nelle migliori gite scolastiche adolescenziali.

D'altra parte l'alternativa è ascoltare la musica del buon Rachid, il nostro autista. C'è il CD di Ismael Lo che è universalmente apprezzato e diventerà la colonna sonora del viaggio, ma c'è anche una musica tambureggiante che dopo 5 minuti diventa fastidiosa. E' durante uno di quegli intermezzi che parte il coro dei viaggiatori seduti sul retro. Io, Susanna e Carla. Canticchiamo di tutto: io - per non farmi mancare nulla - faccio anche l'imitazione di Carmen Consoli... Mi viene spontaneo, è più forte di me.

Nel frattempo continuano ad esserci scossoni con bottiglie che partono dal fondo ed arrivano al primo posto, o cadono minacciando la testa di Silvia (ormai soprannominata Fruttolo per la quantità di arance cadute in testa).

Il viaggio da Fes è lungo e per lungo tempo si viaggia praticamente nel nulla. La valle dei cedri è molto bella, e fotografo anche dei macachi che avevano puntato alla mia busta con le arance. Poi ci si dirige verso le gole del ziz e ci si concede una sosta panoramica-fotografica in uno dei laghi che si vedono nel percorso... Non credevo di vederne così tanti, in Marocco.

Il lungo trasferimento ci riserva la sorpresa del pernottamento, con Rachid che gioca ad allungare la distanza dalla nostra destinazione. Si tratta di un alberghetto fatto a Kasbah nel bel mezzo delle gole del ziz. E tutta la terrazza è nostra. Molto bello, molto romantico, ottima la cena. D'altra parte in Marocco mangiano bene, anche se la tajine migliore (una kaftà alle uova, speziata ma davvero molto buona) l'ho mangiata a Fes. Domani ci aspetta la notte nel deserto: c'è un po' di tensione: il pensiero del dromedario mi fa dormire poco... Non sono mai andato neanche a cavallo e con gli animali sono un po' freddo, quando non ho paura. Ma sarà sicuramente una bella esperienza. (continua)

mercoledì, maggio 19, 2010

Volare nel deserto /4

La mattina dopo vediamo Fes e la sua Medina, che è una vera città nella città. E' un'esplosione di colori ma soprattutto di odori, e sono convinto che anche un raffreddato potrebbe riconoscere chiaramente le differenze: colla di falegnameria, menta, cacca di asino... di tutto, di più. Le concerie, poi, sono un girone dantesco agghiacciante. La guida di oggi, Loukiri, chiama spesso "Marco" perché ieri un omonimo era il ritardatario di un altro gruppo. Anche il nostro Marco si difende bene, tuttavia, almeno per oggi, di tanto in tanto si farà trovare in prima fila. Nel corso della mattinata chiamerà anche Antonella e Graziano, il coordinatore. Il suk è un luogo dove matematicamente, se non c'è la guida, ci si perde. Soprattutto a Fes. Ci sono artigiani e mercanzie di ogni tipo, si vede nettamente la differenza tra la parte "ricca" del suk (più curata e pulita) e quella povera.

Il tempo a disposizione non ci consente di vedere la ceramica, rinomata, mentre visitiamo la farmacia, così come un altro venditore di tappeti e sorseggiamo un immancabile tè alla menta. A Fes, nella cena precedente, abbiamo bevuto il miglior tè del viaggio, credo. A Meknès, tra le altre cose, avevamo visto come funziona la tecnica del "damaschinato".

Terminato il lungo viaggio nella medina della città colta del Marocco, comincia un lungo trasferimento in bus con il valzer delle arance e delle bottiglie d'acqua. La strada è asfaltata, ma ci sono dei punti sconnessi e con curve. Nei ripiani del bus quasi tutti hanno riposto una busta con acqua e qualche vivanda. Nel mio caso avevo puntato sulla frutta, le arance acquistate a Moulay Idriss. Negli scossoni capita che volino le arance come se fossero palle da tennis: una di queste riesco a fermarla prima che impatti la testa di Claudia (detta Fashion2), in altre occasioni i frutti colpiscono il cranio di Silvia che magari stava sonnecchiando. E' la seconda giornata di arance che volano, e dopo questa esperienza chiuderò le buste in modo che il contenuto non esca. Tuttavia il valzer delle arance (e delle bottiglie, piene o vuote) in volo sarà una delle costanti degli spostamenti in bus. (continua)

lunedì, maggio 17, 2010

Volare nel deserto /3

Imparare l'arabo è un casino della madonna, perché normalmente si scrive da destra a sinistra, ma i numeri si scrivono da sinistra a destra. Sono le testuali parole di Abdel, la guida che ci porta in giro per Meknès. E' all'interno della medersa, la scuola coranica, che quest'uomo dal fare spigliato e dalla buona dizione italiana se ne esce con l'espressione gergale che non ti aspetti.

Il viaggio è appena iniziato, giusto il tempo di conoscere alcuni dei compagni di viaggio, fare fotografie al panorama e poco altro. Dopo la notte passata in camera con Fashion (il soprannome dato ad una delle nostre compagne di viaggio) la mattina passa in giro per il suk, che inizia a regalare odori e colori di ogni genere. Io non ho perso le abitudini di viaggio: mi sveglio sempre ad orari antelucani, anche se cerco di non disturbare i miei compagni di viaggio. Cerco di sfruttare l'ora per scrivere due note sul taccuino, e in effetti qualche cosa riesco a spuntarlo.

Tuttavia il ritmo della giornata è davvero intenso, praticamente dopo mezzogiorno partiamo alla volta di Moulay Idriss e Volubilis, e per cena saremo già a Fes. Nel frattempo la guida ci averà fatto visitare quello che resta delle scuderie di Idriss, un forno da cui asaggeremo dell'ottimo pane croccante... Per la prima volta, oltre a visitare siti e luoghi, andiamo anche a vedere un po' come si vive "da dentro". Con molta semplicità, soprattutto all'interno della Medina dove i vicoli stretti non consentono l'accesso a mezzi motorizzati (rarissimo vedere un motorino, e in ogni caso si vedono dei "ciao" locali), tanto che alla fine il mezzo di trasporto più usato, a parte il carro trainato dall'uomo, è il somaro. (continua)

domenica, maggio 16, 2010

Volare nel deserto /2

Il 25 aprile è una giornata di sole in una primavera che avanzando si è fatta capricciosa. Giornata di ricorrenze che ormai sembrano aver perso il loro significato fondativo, e giornata di occasionali scampate fuori porta, dove prevale l'odore della carne alla brace e le canzoni alla chitarra. Avevo deciso di andare in viaggio, preferibilmente fuori dall'Europa, ed una serie di circostanze mi porta a scegliere la settimana che lega il 25/4 al primo maggio come periodo. Mi prende un colpo quando leggo che tre gruppi di 15 persone ciascuno partono per la stessa meta nello stesso periodo: troppo caos, si rischia di snaturare il viaggio. Comunque per me è un'esperienza nuova. Abituato a fare il viaggiatore/viandante solitario, con tutta la retorica che accompagna quest'immagine, condividerò il mio primo viaggio fuori dal continente con persone ora sconosciute, ma che in otto giorni possono diventare familiari. Certo, devo fare i conti con la mia proverbiale freddezza, ma per quello c'è tempo: almeno fino al 2 maggio, giorno del rientro.

Così tra le undici e mezzogiorno incontro il primo gruppo, passiamo rapidamente il check-in, ci concediamo un pasto frugale al duty-free e poi s'imbarca tutti su un velivolo della Royal Air Maroc, partenza prevista alle 12.30. Contro ogni nostra previsione ci servono il pranzo durante il volo, e già per questo e per i volti sorridenti questi marocchini mi sono simpatici. L'interno del velivolo è decorato come se fosse una moschea: chissà che qualche volta non capiti l'ora della preghiera durante qualche volo, e ci si rivolga con fiducia a La Mecca dopo aver ascoltato il Muezzin gridare "Allah akbar".

Il pranzo al duty-free ed il volo sono le occasioni giuste per le prime conversazioni. Lungo i corridoi il primo argomento di conversazione sono i rispettivi viaggi, e qui salta fuori (lo sapevo!) il mio conto in sospeso con la capitale d'Oriente, Istanbul. Due delle mie compagne di viaggio ci sono state di recente, e ne sono rimaste incantate. Esprimo tutto il mio disappunto perché volevo andar lì, ma ora le circostanze mi portano in Marocco e non sarà certo un "viaggio minore", lo so già dall'inizio.

Dopo due ore di volo circa atterriamo a Casablanca. Penso: finalmente arrivo in un posto che è ancora giorno! Neanche il tempo di pensarlo. Appena sbarcati c'incontriamo con il gruppo che parte da Milano: saliamo tutti in bus e ci dirigiamo subito a Meknès. Tra una cosa e l'altra (cambio delle monete, etc.) arriveremo lì che è già notte. Così, anche questa volta la tradizione è rispettata, nonostante tutti i pronostici sfavorevoli. (continua)
Volare nel deserto /1

Penso che un giorno* così non ritorni mai più, mi dipingevo la faccia e le mani di blu. Poi d'improvviso venivo dal vento rapito, e cominciavo a volare nel cielo infinito

Certe volte le canzoni che ti vengono in mente in un dato istante sono quelle che - non volendo - descrivono meglio il clima, il contesto, l'atmosfera che si sta vivendo. E' così che succede in un momento culminante: in mezzo al deserto, di notte, con i berberi che hanno appena terminato di suonare i loro ritmi ai bonghi. Gli uomini blu eredi dei Tuareg acclamano e chiedono a gran voce una canzone italiana. Nel gruppo tutti sanno che mi piace cantare, d'altronde quale passatempo migliore dentro il bus quando ci si deve spostare per oltre 400 km? Senza contare che ho trovato delle coriste eccezionali. Dunque, i berberi acclamano chiedendo una canzone italiana, e tutti guardano me, e anche i berberi sembrano chiedere a me questa esibizione sotto la luna piena e tra le dune di sabbia.

Ci penso il tempo necessario, quanto basta per immaginare che "Volare" la conoscano davvero in tutto il mondo. Ed è così che, in una notte di primavera, ci siamo ritrovati a volare nel deserto, nel blu dipinti del blu della notte. (continua)