martedì, ottobre 11, 2011

ARoma d'Oriente (2)

In questo viaggio ho un'idea di massima delle cose che voglio fare. Quelle immancabili: Sultanahmet Camii, la moschea Blu, Santa Sofia, Yerebatan Sarnici, San Salvatore in Chora. Le altre idee sono possibili, secondarie, eventuali. Alcune ce l'ho proprio a portata di mano. Il Topkapi decido di evitarlo, non mi attrae. Il Gran Bazaar (Kapali çarsi) lo andrò a vedere di sicuro, poi si vedrà. Il primo giorno intero è giocoforza dedicato alla piazza di Sultanahmet. Si comincia alle nove con la moschea.

Che dire? La sua struttura elegante e leggera, la sua posizione felice la rendono un punto di riferimento sicuro. Da ogni angolazione sembra quasi che la moschea non aspetti altro che il click della macchina fotografica. Sono abbastanza sicuro di aver fatto la maggior parte delle foto a questo edificio: nei dettagli, negli scorci, di giono, al tramonto, di notte. A Roma, in gergo, si userebbe un'espressione colorita: "bella su tutte le r(u)òte". Sultanahmet Camii mi resterà impressa per questo: offre sempre il meglio di sé. Fuori, ma anche dentro, dove oltre alle maioliche blu ci sono dei rossi da non sottovalutare. Ci sono moschee più blu di quella che così è comunemente conosciuta, ma tant'è: atteniamoci alle guide europee...

Meno fortunata la consorella e dirimpettaia Santa Sofia, palinsesto dove si sovrappongono e si sottraggono a vicenda il bizantino e l'arabo, la chiesa e la moschea, mischiandosi in unico caleidoscopio per nulla contraddittorio, ora adibito a museo. Ayasofia (o Haghia Sophia, o Santa Sofia) è meno fortunata: tra crolli della cupola e contrafforti e rinforzi è rimasta un po' sfigurata all'esterno. Intendiamoci: l'edificio è integro e possente, ma non può vantare le forme leggere ed eleganti della dirimpettaia. Di fronte ai colori del sole che tramonta il confronto è improbo. La moschea blu batte Ayasofia tre a zero netto.

Nel museo, dicevo, convivono facilmente le scritte in arabo, il mihrab (la nicchia orientata verso La Mecca), il minbar (il pulpito musulmano) e i mosaici bizantini che raffigurano Cristo Pantocratore o San Giovanni. Effetto straniante, se si pensa che in una moschea non ci sono icone, e se si pensa al fatto che ad un certo punto della conquista ottomana è scattata l'iconoclastia. Istanbul è anche questo: è romana-bizantina ed è ottomana e turca. E' uno dei suoi punti di forza.

Terza tappa Yerebatan Sarnici, la cisterna-basilica: nel buio filtra una luce fioca, si riflette nell'acqua e passa attraverso le tante colonne come a cercare una via di fuga, mentre pescioni rossi nuotano ignari in questa specie di sottobosco creato dall'ingegneria tardo-romana molto affascinante, da cui si fatica ad uscire per l'atmosfera rilassante.

Fuori, infatti, è vivo il caos dei turisti che sono in fila per entrare, o che scattano le foto all'obelisco di Teodosio, mentre venditori di tappeti o di guide cercano di accaparrare il cliente, e mentre uomini su carretto propongono pannocchie calde o castagne o ciambelle al sesamo o acqua... E' un caos tutto sommato familiare, ma nei momenti di stanchezza saprò trovare degli angoli dove rifugiarmi.

Nessun commento: